Inserto economico di 
 

Obama, una specie rara

Guardando la scena politica mondiale da qualche anno a questa parte  si può facilmente notare quanto essa conti poco tra i cittadini, nelle popolazioni regna la sfiducia nella politica, ovunque. Questa generale diffidenza nel governo della polìs è attribuibile a vari fattori, apparati statali che non funzionano, metodi di rappresentanza sempre meno rappresentativi. Però più che a questioni generiche e oggettive, il problema è umano. E’ riconducibile ai leader, che non sono più tali, comandanti di vascelli che non stanno a galla non tanto perché sfasciati, ma poiché al comando ci sono individui senza forza d’animo, privi di coraggio, incapaci di tenere il timone. Al giorno d’oggi un leader è solo un capo di Governo/ Stato, che tiene al suo futuro politico più che a quello del suo Paese. Ma quello per cui lotta, la poltrona a cui è aggrappato, le elezioni a cui costantemente pensa, non sono il suo futuro politico, rappresentano l’avvenire di un semplice impiegato, di alto rango, ma impiegato. Un leader deve avere la capacità di pensare prima e meglio degli altri, gestire situazioni con fermezza sì, ma accompagnata da buon senso. Un leader non deve vedere tutto, ma guardare ogni cosa. Insomma non è difficile capire cosa voglia dire essere un leader, uno statista di livello, sono innumerevoli i trattati politici e storici che lo descrivono sotto vari punti di vista, dal Principe di Machiavelli al Leviatano di Hobbes. Alcide De Gasperi diceva che la differenza tra uno statista e un politico è che lo statista guarda alle prossime generazioni, il politico alle prossime elezioni.

E’ arcinota questa frase dello statista, lui sì, italiano. Tuttavia se quarant’anni fa poteva sembrare un’acuta riflessione, un pensiero lungimirante, ora è un’ovvietà, un qualcosa di scontato, un’analisi formulabile da chiunque. E quella frase che ha fatto scuola è un luogo comune perché di statisti non ce ne sono più, o per essere ottimisti si contano sulle dita di due mani, mentre di politici da strapazzo ce n’è a volontà, come le zanzare in una palude. Qualche leader di grande livello sulla terra ancora c’è, ma si tratta di ultraottantenni ormai. Evitiamo un elenco che potrebbe suscitare polemiche di colore politico, ne cito due, sulla cui lealtà e dedizione, in modi diversi non credo ci sia nulla da obiettare. Nelson Mandela e Helmut Kohl, uomini di luoghi e culture diversi del pianeta, ma accomunati dall’amore per il proprio Paese, in misure certo differenti, e dalla consapevolezza dell’importanza cruciale del proprio ruolo per le generazioni future, due caratteristiche che a mio parere un leader deve indiscutibilmente possedere. Se guardiamo ai politici attuali, in tutto il mondo, uno di tale spessore non c’è. Sono tutti di gran lunga sotto una media accettabile per i motivi noti a tutti, ce n’è però uno migliore degli altri, il meno peggio, che però rapportato a quelli è davvero di un altro pianeta. Si tratta di Barack Obama, un leader con pregi e difetti, che però si equiparano in una giusta misura. E’ sulla carta l’uomo più potente della terra, ( e per la cronaca guadagna su per giù quanto un onorevole italiano) ogni giorno gestisce situazioni e prende decisioni di portata globale. Col suo predecessore abbiamo visto che il “come” prendere decisioni ha molti risvolti, economici e politici, ovunque nel mondo. Il Presidente USA è  in carica da circa quattro anni, si potrebbe dire che ha fatto tutto e non ha concluso niente, ma sarebbe una visione miope del suo operato. Ha tentato di fare una riforma sanitaria che desse assistenza ad una parte della popolazione non tutelata, e se la Corte Suprema la giudicherà costituzionale, sarà l’unico ad esserci riuscito. E’ vero che non è una riforma completa, che non tutela tutti e via dicendo, ma chi si aspettava che Obama riformasse il sistema sanitario e altri  sul modello del Welfare State scandinavo, è un ingenuo oltre che uno smemorato. Dobbiamo ricordarci che il Presidente americano è appunto il Capo di Stato di una nazione non certo famosa per l’attenzione alla giustizia sociale. Tutto e subito non si può ottenere,  questa è la massima con cui lui governa la prima potenza mondiale. Ogni giorno tra la Casa Bianca e il Congresso si pratica la politica dello step by step, un passo alla volta, trattare, trattare e ancora  trattare. Un dialogo e una contrattazione che certe volte con quegli ottusi buoi dei repubblicani può portare ad uno scatto di nervi, uno sfogo da prima pagina dei giornali, ed è già successo nell’agosto 2011.

L’estate scorsa infatti i falchi del GOP tentarono di tutto pur di non darla vinta a Obama, che tuttavia tanto ha concesso in merito alla trattativa sul rientro del deficit, forse troppo. Erano disposti persino a incorrere nel default nazionale, pur di screditare il nero-musulmano-socialista. Dal punto di vista internazionale l’afroamericano arrivato nello studio ovale si è trovato davanti niente di meno che due guerre. Di cui una è quasi archiviata, l’altra dovrebbe esserlo nell’arco di pochi anni. E’ stato l’unico  presidente americano a non piegare la testa, sempre e pedissequamente, di fronte alle richieste talvolta al limite del paranormale di Israele. E’ un uomo che tratta Obama, un politico molto diplomatico. A mio parere il miglior ricordo del suo primo mandato è stato il discorso tenuto al Cairo nel 2009, forse è ancora troppo presto per finire nei libri di storia, ma ci arriverà. E’ stato un discorso di pace, di fratellanza aperto a tutti, in primis agli arabi e ai musulmani. E’ stata l’arringa del difensore della democrazia, non intesa con la molto poco pacifica idea di Enduring Freedom però, ma come pluralità di culture, e tutti quegli altri valori che Bush jr. non aveva studiato nemmeno a scuola. Prima ho parlato di primo mandato, sottintendendo che ce ne sarà di sicuro un secondo. E’ quello che credo, sono davvero piccole figure i concorrenti alla nomination repubblicana rispetto a Obama. E’ un dato di fatto, lo si evince dagli argomenti che trattano, gente fuori dal mondo, che parla a schemi, nemmeno poi tanto chiari. Questo non lo dicono e non lo pensano solo i democratici, o i “tifosi” di Obama, a dichiararlo è Barbara Bush, consorte di Bush senior, la quale sostiene di non aver mai visto primarie peggiori di queste, e qualcosa ne capirà questa donna che alla Casa Bianca c’ha passato dodici anni. Barack Obama è l’unico leader in circolazione, il solo con una visione politica di lungo periodo, che è ciò che serve agli Stati Uniti, ma anche ad ogni nazione della terra, compresa l’Europa, che continua a guardare Mamma America con le lacrime agli occhi e la bava alla bocca.

Luca Orfanò




Leave a Reply.