Inserto economico di 
 

Un uomo fuori dal tempo

Ci sono governanti che entrano prepotentemente nella storia, amati e odiati da una moltitudine enorme di persone, ce ne sono altri che rimangono al margine, perché la loro epopea è durata poco, oppure perché  sarebbe potuta durare un secolo, ma sarebbe sembrata anonima comunque. Hugo Chavez è nel mezzo: dodici anni alla guida del Venezuela gli hanno garantito una parte eterna del cuore dei venezuelani, dopo Simon Bolìvar.
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Potrà sembrare strano scrivere su un blog economico di un leader socialista, sembra ma non è. Chavez non è stato solo un politico fuori dal comune, ma anche un  convinto sostenitore di un’economia pianificata. Un modello ereditato dall’Urss che ha portato avanti quando ormai quest’ultima era solo un ricordo sbiadito, lo ha fatto nel modo più banale ed efficiente che si conosca, nazionalizzando la prima fonte di ricchezza del Paese : il petrolio. Il progetto funzionava, con tutti i pro e i contro che può avere un disegno di questo tipo, dall’istruzione garantita a tutti alle bande criminali che seminano ancora oggi terrore nelle vie di Caracas. Chavez, un presidente eletto, aspetto non di poca importanza, ha tentato di portare avanti un disegno sovranazionale, che coinvolgesse il riscatto generale dell’intera America Latina, un continente vessato dal dominio U.s.a. e dal laissez-faire dei suoi governanti, da Bogotà a Buenos Aires. Il progetto del leader venezuelano era quello del Panamericanismo, il socialismo democratico perseguito da tutte le forze di sinistra del continente, caratterizzato da un Welfare che copriva la totalità dei servizi sociali, e un apparato statale che faceva il resto. Quello del Panamericanismo era un treno, che Chavez guidava con grande abilità, e su cui nel tempo sono saliti vari leader, dall’argentina Kirchner alla brasiliana  Roussef ( passando da Evo Moralès ). 

Quando si parla di questi personaggi bisogna avere l’umiltà di imparare, non si tratta di  politici di professione, nessuno di loro lo è stato. Sono donne e uomini del popolo, che vanno al governo con un attenzione totale verso la giustizia sociale, incuranti del resto, sordi a qualsiasi richiamo di stabilità economica o politica. Ogni paese certo è a sé, il colosso brasiliano non può essere paragonato alla minuta Bolivia, ma ciò che accomuna gli stati del continente latino-americano è il forte senso di appartenenza alla propria terra, e alla propria gente. Chavez incarnava meglio di chiunque altro questo, e estese la sua visione anche oltre oceano, dall’Iran al Vietnam, tentò di intrattenere rapporti con l’intento di creare un nuovo Movimento dei non allineati. Chavez in Venezuela ha vinto, non si è mai imposto. Di aspetti negativi lui e il suo governo saranno certo pieni, ma la storia mostrerà che le opposizioni non sono state in grado di limitare l’uragano chavista, per più di una volta. Già si vede  e sente la sua mancanza, il suo successore ad interim, Maduro, non è  neanche lontanamente paragonabile al suo predecessore e tenta di  guadagnare stima all’interno della nazione raccontando balle che lo ridicolizzano, come quella del complotto che avrebbe inculcato a Chavez il cancro. 
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Hugo Chavez lascia il Venezuela ad un futuro incerto, ora si vedrà se il paese è davvero pronto per una democrazia sul modello occidentale. Ci sono paesi nei quali il processo di evoluzione politica è lungo, questo è il caso. Intanto i dieci giorni di lutto nazionale faranno riflettere ogni singolo venezuelano sul proprio futuro, le lacrime scorreranno a fiumi, poi si asciugheranno. Fidatevi non è populismo, è totale devozione. Noi siamo cresciuti in un altro mondo, con altre idee, non capiremo mai, potremo però osservare con curiosità, e rispetto.

Barack Obama ha aperto al futuro governo di Caracas per una collaborazione proficua, dimostri davvero le sue intenzioni, e il Venezuela  dimostri di continuare dal meglio di Hugo Chavez, non contro gli Stati Uniti, ma contro il generale sfruttamento delle risorse nazionali da parte di qualsiasi potenza estera. 

Muore a 59 anni uno dei protagonisti assoluti dell’America Latina,  è morto per un sogno irrealizzabile, ma non lo saprà mai, il bello in fondo, forse, è proprio questo.

Luca Orfanò






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