Inserto economico di 
 

Il grande abbraccio russo

Si è concluso all’ombra del Cremlino l’ultimo colpo dei russi nel campo degli investimenti energetici. Rosneft, questo il nome della compagnia statale petrolifera russa che compra in questi giorni il 100 % della Tnk-Bp, joint venture ( una specie di collaborazione tra aziende) anglo-russa. E’ una delle brillanti idee di Vladimir Putin, che consolida così al fianco del colosso del gas Gazprom, un altro gigante energetico, primo al mondo. Infatti Rosneft dopo questa acquisizione supera l’americana Exxon toccando quota 4,5 milioni di barili di petrolio come produzione giornaliera. Acuta visione quindi quella dello stratega moscovita, che rafforza l’autonomia energetica e tira fuori da molti problemi la Bp, compagnia inglese dell’oro nero nota per il disastro di due anni fa nel Golfo del Messico. E non lo fa per solidarietà o simpatia nei confronti dei britannici. Grazie a Gazprom , azienda pubblica come Rosneft,  che controlla la metà del gas che scorre sotto i terreni d’Europa, compresi quelli italiani, Putin regala a sé e alla Russia un potere strategico sul Vecchio Continente non indifferente, questo è il motivo principale dei grandi movimenti finanziari che le compagnie pubbliche russe stanno attuando, certo  non perché non dormirebbero la notte sapendoci al freddo. Il suo è un disegno più ampio, che lega strettamente l’economia nazionale alla politica estera. La Russia è affacciata per una parte sull’Europa, per l’altra, molto maggiore, sull’intera Asia. 

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Con l’Unione Europea i rapporti sono buoni, con qualche screzio per via del sostegno russo al regime bielorusso, conosciuto come l’ultima dittatura d’Europa. Le relazioni economiche sono intensissime, e non potrebbe essere altrimenti, sia in materia energetica, che di scambi commerciali. Le aziende russe hanno un grosso vantaggio a lavorare in Europa, si ritrovano praticamente sotto casa il più grande mercato libero del mondo, investimenti a più non posso quindi. Ma prima di tutto la Russia è legata all’Europa per il gas, è qui che svolge la parte del leone, ma è sempre in questo caso che ha dei competitors. Primo fra tutti l’Algeria, la quale con i suoi gasdotti che attraversano il Mediterraneo  minaccia il monopolio di Mosca. Soprattutto perché la maggior parte dei paesi europei che affacciano sul Mare Nostrum hanno accordi commerciali con entrambi, Francia e Italia in primis, poiché non possono rischiare una mancanza di approvvigionamento energetico, rifornirsi sia da Algeri che da Mosca da più garanzie. Dal lato del petrolio, ora Rosneft si sostituisce a Gazprom. La nuova compagnia statale è leader mondiale nel campo, si avvantaggia quindi sull’unico altro produttore di greggio nel  mediterraneo, la Libia. Questo è uno dei motivi per i quali i russi erano restii all’intervento congiunto delle forze occidentali in territorio libico nella primavera del 2011. Ciò avrebbe fornito un accesso diretto alle risorse energetiche di aziende francesi, italiane e inglesi, che infatti vi si sono gettate a capofitto. 


Paragonata con le questioni che la Russia deve dirimere in Asia, il controllo della gestione energetica in Europa è un gioco da ragazzi, facile come incastrare matriosche. Quando l’ex potenza sovietica ragiona sull’Asia, riflette su un continente intero, non Medio o Vicino Oriente, non regione Caucasica, non India o Cina. Tutto, i suoi interessi spaziano dalla Mongolia al Bahrain, dal Giappone alla Siria. Con quest’ultima si concentrano i problemi più recenti. Oramai si sa che Mosca non molla il regime di Assad perché è sulle coste siriane che ha a disposizione l’unica base militare nel mediterraneo. Dal punto di vista energetico, oltre che politico,  la Russia ha un pieno controllo sulla regione caucasica. I gasdotti attraversano il mar Caspio da nord a sud, spingendosi fino in Iran. Paese rivale in materia di politica energetica, perché a Teheran manca il gas, ma non il petrolio. Questi legami energetici cingono tutta l’Asia centrale, dal desolato Kazakistan all’Afghanistan e poi più a sud. Sono soprattutto questi legami a rendere la Russia molto diplomatica, cauta con le sanzioni all’Iran, restia a invasioni o violazioni di sovranità nei paesi suoi partners commerciali. Il cartello dei paesi produttori di petrolio, l’OPEC, non comprende l’ex potenza sovietica, che ne resta fuori, avendo le mani libere. Quello della Russia non è un progetto di potenza, ma principalmente di sopravvivenza. E’ finito il tempo del gigante URSS che dipendeva in tutto e per tutto dal grano americano, ora a Mosca cercano di fare da soli. E se la polveriera asiatica risulta troppo problematica, quale migliore occasione per cingere a braccia aperte l’Europa, con un occhio sempre a Est, s’intende.


Luca Orfanò



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