Inserto economico di 
 

Una banalissima guerra

Credo che la guerra sia tremenda in ogni suo aspetto, come un diamante pieno si sfaccettature l’una più orrenda dell’altra. Gli eventi della guerra sono semplici, quasi banali. Per questo sono terribilmente facili da capire, perciò non puoi scappare dall’orrore che provi vedendoli da lontano, magari mentre mangi guardando il notiziario. E le sfaccettature del diamante sono tante, dalla donna incinta che salta in aria, ai bambini crepati sotto i bombardamenti a quelli balzati sopra una mina antiuomo perché facevano la cosa più comune del mondo per i loro coetanei in altri luoghi, ma la più strana per loro : giocare. Poi col tempo si cresce, le attività cambiano, forse si fanno con minore passione, per forza d’inerzia oppure con dedizione. Quello che non cambia per chi vive in un paese in guerra è il contesto: le bombe, i morti, le strade distrutte, le case invisibili. A quel punto nel tuo piccolo non puoi fare molto, allora ignori. Ti isoli, non consideri nulla importante fuorchè quello che tu fai, e la banalità quotidiana ti sembra la cosa più bella del mondo, la più desiderabile.

Studiare può essere una di queste banalità, lo era di sicuro per i ragazzi siriani. Oggi ad Aleppo questa banalità è stata sconvolta dalla realtà, un’esplosione all’interno dell’università. Decine di vittime, decine di ragazzi morti, decine di quotidianità distrutte, decine di famiglie sconquassate dal dolore, decine di banalità annullate in un momento. Eppure lo studio, la cultura, i libri, dovrebbero essere ciò che di più lontano c’è dalla guerra, dal sangue, dall’orrore dei morti ammazzati. Invece oggi abbiamo avuto la conferma del contrario, una banalità anche questa. Perché è ovvio che la guerra distrugge tutto, non risparmia la quotidianità, ed è proprio quando ti privano di quella, che capisci quanto è tremendo, quanto è angosciante adeguare la tua vita ad un disegno politico, militare o economico più grande di te. E’ al quel punto che vieni pervaso dall’egoismo, perché capisci che la vita è una sola, non puoi permetterti di sprecarla così, e te ne vai. Oppure decidi di restare perché tutto quello che vuoi è una vita migliore forse non per te, ma per i tuoi figli, nel tuo paese. Credo che siano questi i pensieri dei siriani oggi, come degli iracheni ieri, di altri domani. Pensieri legittimi di persone normali, sconvolti da qualcosa di anormale, di orrendo. 

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Aleppo la grigia, una città pazzesca, arroccata su una collina nel nord della Siria, piena di storia, più vecchia di Roma e di Atene, di Pergamo e di Micene. Colpire un luogo simile è la dimostrazione di come l’uomo sia oramai insensibile al mondo che lo circonda, a ciò che di più prezioso gli rimane. Gli attacchi ad Aleppo, operati dalle truppe di Bashar Al Assad ormai da mesi, sono la dimostrazione che tutti i discorsi gonfiati di nazionalismo sono finti, farlocchi. A loro della Siria non frega niente, altrimenti non distruggerebbero il gioiello più bello che conserva da 5000 anni. Ad Assad frega solo di Assad, questa è l’unica certezza.


Il conflitto in Siria si protrae da ormai più di un anno. Il Paese intero è in  stallo, preda di una guerra civile permanente. Assad perde potere ma non molla, è arroccato a Damasco, forte della debolezza degli oppositori, dai ribelli combattenti, alle frange islamiste, al Consiglio Nazionale Siriano che dall’estero ha poca influenza e male esercitata. Ma soprattutto il despota alauita è forte del ruolo geopolitico del suo paese. Sa perfettamente che nessuna potenza straniera lo spodesterà finche non saranno sicuri del sostituto. Su questo l’intesa è comune tra Russia, Usa e Iran. La prima non vuol perdere il suo unico alleato nel Mediterraneo, i secondi non possono permettersi uno Stato instabile tra Israele e l’Iran. E quest’ultimo non vuole perdere un prezioso alleato, quale è Bashar Al Assad, ma soprattutto vuole contare qualcosa nel riassetto del paese. Poi ci sono gli attori minori, si fa per dire. Da un lato c’è la Turchia, che riempie il vuoto lasciato dall’Europa in Medio Oriente magistralmente, perseguendo i suoi interessi. Dall’altro ci sono le monarchie del Golfo e la Giordania. Quest’ultima restia ad un intervento in Siria ( ma da cui sono ultimamente partiti migliaia di profughi per ritornare a combattere in patria ) e le prime, che invece hanno una natura interventista, Qatar in testa.

 Il Medio Oriente è un puzzle quasi completo. Manca un quadrato, ma la Siria è un triangolo, si ostinano a cercare una posizione adatta. E intanto la gente muore, pure studiando il primo giorno di una sessione d’esami, come chissà quanti di noi.

Luca Orfanò





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