Inserto economico di 
 

Vivi più che mai

…Placido Rizzotto, Piersanti Mattarella, Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro, Gaetano Costa, Pio La Torre, Calogero Zucchetto, Rocco Chinnici, Ninni Cassarà, Libero Grassi, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Matteo…

Ce ne sono state prima, fin dall’800, e ce ne sono dopo, fino ai giorni nostri. Sono le vittime di Cosa Nostra. Tra di loro ci sono persone semplici, uomini famosi, servitori dello Stato, liberi professionisti, politici, ragazzi…e anche un bambino, perché quando si muore a 15 anni sciolti nell’acido, senza aver vissuto la propria vita, si muore bambini, si crepa innocenti. Quindi cominciamolo a dire, a voce alta, che la mafia ammazza i bambini, li scioglie nell’acido, ammazza le madri, ammazza chiunque. Non esistono gli uomini d’onore, esistono gli uomini piccoli, quelli sono i mafiosi, uomini piccoli. Il 23 maggio di 20 anni fa, alle 17.58, come disse Giuseppe D’Avanzo, la Repubblica italiana è morta.

Quel giorno, come molti sanno ( e già questo non è poco ) Giovanni Falcone salta in aria sull’autostrada tra l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo, con la moglie e tre agenti della sua scorta. Se lo aspettava o no, solo lui poteva saperlo, noi possiamo solo immaginare, supporre. Possiamo anche, però, cercare di capire chi era, a  modo nostro, come tanti hanno fatto, e come tanti faranno; l’importante al di là delle interpretazioni sarà continuare sempre a parlare delle sue idee, di quello che ha fatto, è così che vive da 20 anni, è solo così che può continuare a vivere.

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Giovanni Falcone è stato un precursore, oltre che un magistrato, oltre che una persona onesta. Falcone ha inventato l’antimafia, anche se con l’aiuto preziosissimo di altri, ne è stato l’ideatore, il regista. Un nuovo metodo di indagine, un approccio diverso al mondo mafioso contraddistinse il suo lavoro, quello di Borsellino, quello di Caponnetto, di Chinnici, di Cassarà. Intanto perché avevano assunto che la mafia esisteva, a differenza della maggior parte della magistratura siciliana, connivente, collusa. Falcone alla mafia ha dato un volto, lo ha dato non solo alla Sicilia, ma all’Italia e al mondo intero. Lo ha dato non solo parlandone, ma combattendola, da Palermo a New York, da Corleone a Rio de Janeiro. Lo ha fatto lavorando giorno e notte, senza nemmeno sentirlo il tempo, era il suo lavoro, il suo dovere. Servire la legalità, i cittadini, era suo dovere. Lo era servire lo Stato, sappiamo che lo fece con dedizione, ne siamo certi, non siamo assolutamente certi se lo Stato fece lo stesso con lui. Falcone e Borsellino sono stati i principali protagonisti del Maxi Processo, grande in termini di numeri, di imputati, testimoni, condanne. Grande perché fu il primo processo alla mafia, il primo processo che sentenziò condanne definitive per migliaia , sì migliaia di anni, centinaia di futuri ergastolani, centinaia di uomini piccoli, dietro le sbarre. Centinaia di criminali trattati per quello che erano, un colpo per Cosa Nostra, il più duro. Gli equilibri  in quel sistema sporco, che è la mafia, erano scombussolati, venivano a mancare importanti punti di riferimento. Il Capo dei Corleonesi sentì per la prima volta il fiato sul collo, e cominciò ad ammazzare, in continuazione e senza pietà, come aveva fatto quindici anni prima, quando conquistò il potere con le mani sporche del sangue di altri mafiosi. Cominciò dai pentiti, dalle loro famiglie, la sua furia era cieca. Dai parenti di Buscetta, a quelli di tanti altri collaboratori di giustizia, poi toccò ai politici, quelli che lo avevano tradito, quelli che non riuscirono ad impedire le condanne definitive del Maxi Processo, uno fra tutti, Salvo Lima. Poi, passata la rabbia per i pentiti, il disprezzo per i politici, venne l’odio per i nemici. Il nemico numero uno era Falcone, e per primo toccò a lui. Dopo la sua morte tutto cambiò, Palermo non era più la stessa, cerimonie toccanti, tanti pianti veri, ma anche tanti finti, molte coscienze sporche. “ Ho visto gente piangere così tanto che era una cosa assurda, nemmeno un rubinetto “ riporta l’amico magistrato Giuseppe Ayala . 
Dopo la morte di Falcone, Paolo Borsellino rimase solo.Borsellino aveva accompagnato Falcone in un percorso segnato, della cui destinazione entrambi erano consapevoli. Se lo Stato con Falcone era contro con Borsellino nemmeno se ne sentiva la presenza, contro o a favore che fosse. Non esisteva lo Stato, perché tutti sapevano, e tutti attendevano. Aspettavano di piangere un’altra volta, pensando che fosse l’ultima, sapendo che avrebbero avuto sulle coscienze un peso forse ancora più grande di quello di Falcone. 

A Quantico, in Virginia, ha sede il quartier generale dell’FBI. Nella piazzetta antistante l’edificio ci sono due statue. Una è di Thomas Jefferson, terzo Presidente degli Stati Uniti, l’altra è di Giovanni Falcone.

L’Italia è piena di eroi civili, che milioni di persone celebrano, ricordano e di cui raccontano,è anche ricca di centinaia di migliaia di persone che lavorano con dedizione, onorandone la memoria. Ma non è un Paese civile l’Italia, non lo sarà finchè sulle stragi del ’92 non verrà fatta giustizia, non lo sarà finchè non emergerà la verità anche su quelle precedenti, e  successive. Non lo sarà finchè non salterà fuori l’Agenda Rossa di Paolo Borsellino.

Luca Orfanò




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