Inserto economico di 
 

La speranza

Le  notizie principali sono tre. Due tragedie ed una speranza. Le prime due sono tragedie innanzitutto per le vite umane che si sono portate dietro. L’una è un evento naturale, l’altra un episodio ancora troppo fosco per trarre conclusioni, possiamo solo sperare che gli inquirenti ne prendano gli infami autori. Come detto, la terza notizia è una speranza. Parliamo di quella, perché solo dalla sua concretizzazione  potranno arrivare le soluzioni dei nostri problemi. 

Si è appena concluso il G8 di Camp David. E’ stato un meeting diverso dagli altri, una svolta. Le questioni di cui discutere erano diverse, dall’Afghanistan alla guerra civile in Siria, dall’Iran all’isolamento della Corea del Nord. Argomenti rilevantissimi, ma che in questa congiuntura economica e temporale fanno solo da contorno al problema vero : l’Europa e il suo destino. L’incontro bilaterale di ieri  mattina tra Hollande e Obama è stata l’impronta politica di questo G8. Un’impronta di sinistra, progressista e riformista. Dai due leader sono arrivate parole chiare e decise: la Grecia deve restare nell’eurozona, e nell’Unione Europea. Fine della questione, senza se e senza ma, l’avvertimento è arrivato. Quella di Atene è la prova del 9, la prova della tenuta dell’Europa. Gli otto leader hanno redatto un documento in cui si sottolinea la necessità urgente e primaria della crescita, che non è la panacea di tutti i mali, ma è la cosa che manca, e che serve. Dal G8 è quindi uscito un indirizzo economico: finanziamenti per lo sviluppo, risorse alla Bei ( Banca europea degli investimenti ), grandi piani di industrializzazione per le zone depresse d’Europa. Da Camp David la ricetta economica è stata accompagnata da una missione politica. Il futuro del Vecchio Continente è la via federale, altre non ce ne sono. La Confederazione è un esperimento mal riuscito, le conseguenze sono visibili a tutti, esso lascia agli Stati nazionali troppa sovranità su molteplici materie, manca di una visione comune, soppianta l’interesse generale con quello particolare. La Confederazione porta alla guerra, gli Stati Uniti ne sono un esempio lampante. Nati come un gruppo di stati confederati in base agli Articles of Confederation , si prefiggeva per loro un destino cupo e complicato, che si materializzò nella Guerra di Secessione. Gli Stati Confederati sono nazioni unite da accordi, dai quali possono distaccarsi qualora i loro interessi particolari vengano meno. L’intento della Confederazione è un’unione politica meno vincolante e una maggiore autonomia statale, questa strada porta al conflitto tra nazioni.  E l’Europa nei conflitti è maestra di lunga data.

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La via è la Federazione tra Stati, così come inizialmente fu concepita dai padri fondatori dell’Unione, da Schumann a Monnet, da De Gasperi ad Adenauer, fino a Spinelli e al suo manifesto europeista . La Federazione unisce, lega indissolubilmente i destini dei popoli, le azioni e le loro conseguenze. L’unione federale deve essere un atto costituzionale, inscindibile. Un’ unione di questo tipo è un percorso complesso, pieno di ostacoli, dal quale però non si torna indietro, e questo sentiero è già stato imboccato, dietro c’è solo il baratro. La Federazione di Stati europei dovrà essere una realtà pluralista, intransigente verso i colpevoli e accogliente verso le vittime. Dovrà rappresentare il traguardo per una società migliore, punto di arrivo per profughi di un mondo intriso di violenza e ingiustizie. L’Unione vincerà se rappresenterà i deboli prima dei forti, se saprà guardare al Mediterraneo e alla sua sponda meridionale con speranza e convinzione, non con paura, come un’opportunità , non una minaccia. L’Unione dovrà essere l’Europa dei giusti, dovrà saper pescare nel suo passato, riportando alla luce le conoscenze, le idee e i pensieri degli uomini che l’hanno fatta grande. Non sarà l’Europa sanguinaria delle tirannie del Novecento, sarà la sapienza di Platone e la ribellione di Lutero, il genio di Michelangelo e Beethoven.  Fonderà il suo pensiero economico cogliendo il meglio da Marx e Smith, filosofi di serie A, diremmo oggi. Ma soprattutto dovrà essere un’Europa democratica, non solo nei seggi elettorali, ma dalle azioni più ovvie alle decisioni maggiormente impegnative. Sono preoccupanti le derive autoritarie che stanno sbocciando in diversi Stati membri, vanno stroncate con fermezza, per il bene di tutti. In questo senso sembrano andare le intenzioni di Hollande , il quale dovrà dimostrare di essere capace di sostenerle negli imminenti  vertici europei. Deve farlo per il bene della sua Francia, per il futuro della nostra Europa.

 Elezione diretta del Presidente della Commissione Europea, maggiori poteri al Parlamento, ulteriore cessione di sovranità degli Stati nazionali, una Costituzione ufficiale, non ufficiosa, dalla quale i francesi in primis non si smarchino più, un Esercito comune, un unico indirizzo di politica estera ( arduo compito considerato che all’Onu pure le isole Tonga hanno un seggio come nazione, l’Ue ce l’ha come osservatore…). Questi sono solo alcuni dei provvidementi che vanno presi, tempestivamente e chiaramente a Bruxelles nei prossimi mesi, e l’agenda sembra andare in questa direzione. L’Europa c’ha salvato dalla guerra, perché sulle macerie dei due conflitti mondiali è nata, la via è ancora lunga perché la creatura è incompiuta. Ma va percorsa celermente, perché l’Unione porta la pace. Sul confine franco-tedesco sono andate in scena alcune della battaglie più cruente della storia,  dalla Somme a  Sedan.

Quel confine ora non c’è più, nei pressi sorge il Parlamento Europeo. Non possiamo fermarci adesso.



Luca Orfanò




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