Inserto economico di 
 

Avanti tutta 


“ Il 2012 sarà un anno di completa recessione, dal 2013 le cose miglioreranno anche se lievemente”. Questa non è la frase che va di moda ai banchi delle cartomanti, o dagli indovini. Si tratta di un’affermazione fatta da più persone autorevoli del governo e non. Il primo a dirlo qualche mese fa è stato il Governatore di Bankitalia Visco, l’ha seguito il ministro Passera più volte. Da ultimo, come per apporre il sigillo finale, ad un qualcosa in cui dobbiamo credere, Mario Monti stamattina ha confermato la previsione. Alla prima parte della frase c’arrivava anche un ragazzino delle scuole medie, riguardo alla seconda, sarà dura realizzarla, ma non impossibile. Negli ultimi giorni si sono susseguite varie polemiche, alcune giuste altre inappropriate e quasi noiose. Le prime, tra le tante, sono quelle dei ricercatori che si sono ribellati a gran voce in ogni parte dello stivale contro la proposta / emendamento di tassare le borse di studio. Ed è stato bello scoprire che tale “proposta “ è stata cancellata, incredibile pensare che qualcuno abbia anche solo potuto suggerirla. Noiose sono invece le polemiche dei sindacati sulla riforma del lavoro, e su quella delle pensioni, che si ostinano a non riconoscere. Conosciamo tutti la durezza e la parziale iniquità, di quest’ultima, per la quale il ministro Fornero si è impegnato personalmente. Dobbiamo però ricordarci la necessità di quella riforma, dobbiamo ricordarci che in Italia c’è gente che è andata in pensione lavorando 19 anni 6 mesi e 1 giorno, e non dobbiamo dimenticarci che a quella legge i sindacati tutti, in coro, diedero parere favorevole. Un altro tema attuale e molto discusso è stata la proposta di restituzione dei soldi tolti ai cittadini con l’aumento delle imposte, attraverso sgravi fiscali. Una nota di Palazzo Chigi ha specificato che così non sarà. Certo un po’ di delusione c’è, ci aspettavamo tutti che la correttezza dei contribuenti onesti fosse riconosciuta. Torniamo alla realtà però, il paese dei balocchi non c’è più. Da Palazzo Chigi ora non escono più fantomatiche promesse, ma tristi constatazioni della realtà Quei soldi non ci sono, non si può restituire ciò che non c’è. A mio modesto parere, anche se ci fossero, la destinazione dovrebbe essere uno sgravio fiscale alle imprese che assumono, e non un generale abbassamento delle imposte. E’ elementare il ragionamento: il Governo Monti ha disperatamente cercato soldi per evitare il fallimento del Paese Italia, ora che i soldi stanno arrivando, non può certo restituirli a coloro a cui li ha presi, per il semplice fatto che tale denaro non è ancora stato destinato allo scopo per il quale è stato preso ( evitare il default, riportare i conti a posto ed arrivare al pareggio di bilancio del 2013, assunto dal governo Berlusconi ). Ragionamento elementare per pochi,  vedendo lo “stupore” e l’ “indignazione” di molti.


La ripresa nel 2013 ci sarà se l’Italia crescerà. L’Italia per crescere deve avere i conti a posto, sennò costruisce il suo futuro su basi precarie. Ora i conti sono in ordine, grazie a Monti, è bene ricordarlo, tanti dimenticano in fretta. Il paese per crescere ha però bisogno di una cosa in particolare, investimenti. Investimenti esteri  soprattutto, dato che in Italia di soldi ce ne sono pochi, quelli noti al fisco s’intende. Investimenti esteri fanno aumentare le entrate di denaro nello Stato, ciò aumenta la bilancia dei pagamenti, e con essa la salute delle finanze pubbliche…eccetera eccetera…evitiamo una lezione di macroeconomia. Scopriamo una cosa ovvia però, che la crescita fa bene anche ai conti pubblici. Monti per favorire gli investimenti esteri in Italia ha fatto di tutto e di più. Ha incassato promesse su questo tema da parte del premier cinese Wen Jiabao e di altri investitori internazionali. Li aspettiamo quindi. Da ultimo due giorni fa il Professore ha insistito sul tema anche con l’emiro del Qatar, Al Thani. L’emiro in Italia non investe ancora in modo significativo. Il motivo non è la mancanza di liquidità, parliamo di un signore che possiede metà dei magazzini Harrods, mezza Londra, mezza Grecia e via dicendo. Al Thani frena l’arrivo delle sue risorse nel paese a causa della corruzione,  fa fede la conferenza stampa. Ringraziamo l’emiro per averci ricordato uno dei problemi fondamentali, una corruzione dilagante, incontrastata da provvedimenti legislativi, che parte dal cuore del Parlamento passa dai partiti e arriva alle imprese. Ci auguriamo davvero che il Governo ponga fine a questo handicap che priva l’Italia di molte risorse sotto tutti i punti di vista, economici e non.
 Tuttavia c’è un elemento fondamentale da considerare. L’Italia potrà avere anche l’intero mondo che investe su di lei, Cina, India e Brasile messi insieme. Potrà anche trovare risorse interne, migliorare la sua produzione e così via, ma il problema crescita resterà. Perché l’Italia cresca deve crescere l’Europa. Il destino di ciascuno stato membro è inscindibile da quello dell’intera comunità, e mai come ora nel suo aspetto economico, non solo finanziario. L’Europa intera deve avviare un programma di crescita e sviluppo, basato su infrastrutture in scala grande e piccola. Siamo come un corpo umano, potremmo anche avere un braccio di Roger Federer e una gamba di Bolt, se il resto del corpo non è altrettanto efficiente, nel complesso siamo fallimentari. Ora anche la Germania sta rallentando, la sua crescita nel 2011 è diminuita significativamente. Anche la locomotiva tedesca non va da nessuna parte se non ha un mercato europeo a cui vendere i suoi prodotti, il mercato europeo non c’è perché non c’è domanda da parte dei cittadini. E’ ora quindi che certe istituzioni europee facciano il loro mestiere. La Bce ha fatto il suo, magistralmente, ora si pensi alla crescita. Divisi siamo entrati in questa crisi, uniti dobbiamo uscirne, l’unità di intenti e di provvedimenti è diventata una conditio sine qua non.

Luca Orfanò

 

Non solo facebook: Pinterest la forza delle immagini

Quando si parla di social network è naturale pensare a Facebook essendo stato quello di maggior successo; tuttavia quello che molti dimenticano è che non è il solo e che soprattutto non è il migliore. Ovviamente la creatura di Zuckerberg in questo momento è leader indiscussa nel suo genere, tanto che ha portato alla decisione di metterla sul mercato con ottimi risultati, è infatti il terzo gigante del mercato online(ha superato perfino ebay). Però, come sottolineato in precedenza, è bene ricordare che oltre a lui ci sono altri prodotti decisamente rilevanti come twitter o google+, anche se forse il più interessante è pinterest,poiché è un network che sta crescendo in modo esponenziale(i visitatori sono saliti in pochi mesi del 429 %) e che permette alle persone di esprimersi al meglio tramite delle foto.

Pinterest è una web-bacheca personale dove appuntare immagini che rappresentano e ci ricordano le nostre intenzioni d’acquisto. Soprattutto oggetti, certo,  con tanto di cartellino del prezzo; ma anche viaggi vari, purchè riassumibili con una foto. Il risultato è che vediamo sullo schermo una carrellata di foto appuntate con la spilla,stile vecchie bacheche si sughero insomma. Del resto “pin” significa appuntare e “interest”, interessi. Un’ idea semplice, ma che tocca l’esigenze insoddisfatte del Web e che ha portato Pinterest a diventare, parole di David Berkovitz(esperto di media digitali), una delle più grandi storie di successo di internet.  Nel Web però una buona idea non basta è necessario anche un meccanismo efficiente affinchè il sistema funzioni e Pinterest funziona bene. L’iscrizione si basa su inviti dopodiché è tutto decisamente semplice poiché si integra perfettamente con Facebook; i tuoi amici, se sono anche in pinterest, sono avvisati del tuo arrivo(di modo da non avere quella sensazione di spaesamento tipica delle prime volte che si una un social network). Prossimo passo è indicare le aree di nostro interesse e subito il social network ci suggerisce altri utenti a noi affini.
Immagine
  Insomma tutto davvero molto facile e immediato in quanto si basa sulla semplicità delle immagini e viene da sé che Pinterest sta anche cambiando il modo in cui compriamo su internet oggetti e servizi. Questi infatti, a differenza degli altri social network, riesce a dare valore alla fase iniziale e preparatoria dell’acquisto. È un po’ come fare un giro per negozi, entri per comprare un qualcosa ed esci con un altro prodotto. È inevitabile quindi che Pinterest si popoli di aziende mescolate con gli altri utenti, un po’ come avviene su Facebook, solo che in più permette di fare delle scoperte casuali. Incerte sono le fonti di ricavo di questo social network, per alcuni pare che guadagnerà una percentuale sugli acquisti che intermedia, ma non c’è nulla di certo, l’unica cosa certa è che Pinterest è qui per restare e crescere ancora di più. Bella inoltre la definizione che ne dà il giornale l’espresso : “ Pinterest rappresenta il consumismo post-moderno allo stato puro, in altre parole, un continuo rinvio verso ciò che non abbiamo o che non abbiamo ancora fatto, ma che crediamo ci rappresenti.  Purchè dotato di un cartellino del prezzo” . Forse un po’ troppo melodrammatica come affermazione, poichè alla fine è davvero fatto bene , ma di sicuro rende il concetto.


Marco Fatiga
 

A CACCIA di protezione

L’Italia è intenzionata ad acquistare i potenti e veloci Lockheed F-35 Joint Strike Fighter (JSF). Credete sia una buona scelta in questo tempo di recessione effettuare l’acquisto di questi aerei militari? Difficile dare una risposta con le poche informazioni che ha dato il governo.L’Italia è il secondo finanziatore in assoluto del progetto. La decisione dell’Italia di partecipare al progetto di realizzazione dell’F-35 è stata presa già nel 1996, quando Ministro della Difesa era Giulio Andreatta, sotto il primo Governo Prodi. Il progetto fu votato sia dal centro destra che dal centro sinistra, ed almeno allora non ci furono protesta dai gruppi antimilitaristi e pacifisti per il coinvolgimento di Roma. L’accordo fu siglato a Washington quando il sottosegretario alla difesa italiana Giovanni Lorenzo Forcieri, incontrò il collega americano Gordon England. Così l’Italia prendeva l’impegno, dopo aver già pagato un miliardo di dollari per la Fase 1, di versarne quasi altrettanti per partecipare alla Fase 2, di costruzione dell’F-35, spalmati però sino al 2046. Il progetto JSF non andò avanti come previsto. I ritardi e i costi si alzavano con il passare del tempo. Il costo medio ad aereo era aumentato dell 81% passando così da 62 a 112 milioni di dollari calcolando ricerca e produzione. E la fase iniziale quella finanziata dal miliardo italiano, è passata dai 20 ai 40 miliardi effettivi. L’Italia invece aveva dichiarato nel 2007 di volerne comprare 131, per una spesa stimata all’epoca in 7 miliardi di euro, ma che oggi, con i prezzi che sono lievitati, ha raggiunto la cifra di 15 miliardi di euro. Ma anche questa folle cifra sembra destinata ad aumentare. L’F35 sembra essere un fallimento su tutto il fronte. La RAND Corporation, società di analisi strategiche che collabora col Dipartimento della Difesa USA, ha apertamente criticato l’ F-35, che, secondo le proprie simulazioni non sarebbe in grado di competere con il cacciabombardiere russo Su-35 in un combattimento aereo, non essendo veloce nel virare, nel salire di quota e
nell’ accelerare.
Viene da chiedersi “ma cosa sa fare allora?”. Critiche simili da Pierre Sprey, il progettista dell’F-16, per il quale l’ F35 è pesante e poco reattivo. Ancora più pesante ci è andato il maggiore Richard Koch dell’United States Air Force (USAF), a capo dell’ufficio di superiorità aerea del “USAF Air Combat Command”, che ha dichiarato di “svegliarsi la notte con i sudori freddi al pensiero che l’ F-35 avrà solo due armi per la superiorità aerea”. Altre critiche sono state sulla scarsa autonomia di volo, e soprattutto sui costi del progetto. Ciò che sembrava dovesse essere una rivoluzione in campo aeronautico cioè un caccia in grado di ricoprire 3 diversi ruoli si è rivelato un buco nell’acqua, tanto che la Marina americana ha stimato che i costi di manutenzione possano essere del 30-40% maggiori rispetto ai caccia di oggi. L’Italia viene colpita da questo ultimo dato: la manutenzione degli F-35 che intende comprare sarà infatti più costosa, e nulla ci garantisce che tali costi non siano ancora superiori. Evidentemente anche gli USA hanno le loro Salerno-Reggio Calabria, ma noi di un altro progetto fallimentare non ne sentivamo il bisogno. Altri tipi di problemi sono stati riscontrati sulla eclatante invisibilità: In un importante report redatto da Frank Kendall, del Pentagono, pare che l’aereo non sia invisibile come la Lockheed Martin assicurava. Sembra che ogni giorno venga fuori un problema e fin’adesso siamo 725 cambiamenti richiesti sull’ F-35. Ogni cambiamento richiede altri soldi; un pozzo senza fondo. Il Congresso statunitense ha dichiarato che se le cose non miglioreranno alla svelta, tutte le opzioni dovranno essere messe sul tavolo: E tutte le opzioni significa cancellare il programma, perdere quello che si è speso, ma almeno non continuare a buttare i soldi in un progetto fallimentare. Ancora una volta dunque tutto questo si traduce nel solito gioco al massacro per i comuni cittadini: gli F35 li pagheremo noi, ma i benefici di questa antidemocratica manovra arriveranno nelle tasche di alcune grandi aziende, i soliti “amici degli amici”.E’ come se noi italiani versassimo dei nostri soldi nelle tasche di Finmeccanica e delle sue controllate. E non basta dire che quelle aziende impiegheranno lavoratori italiani, perchè sappiamo che la voce “lavoratori dipendenti” è di solito una delle ultime nei bilanci di certe aziende. La prima voce di solito è “azionisti”, la seconda “manager e consulenti”. Con gli F35 si produrrà una scarsa occupazione lavorativa, spese pubbliche altissime, e enormi incassi per alcuni privati ed una servile dipendenza dagli Stati Uniti.

Fabio Ventricelli
 

Un puzzle incomponibile

Davvero si può dire che la storia dell’Europa sia stata la storia di tutti noi, di tutti gli uomini della terra, europei e non. E’ vero che le grandiose civiltà del passato non sono europee, Egizi e Cinesi  in primis. Ma da Roma in poi, la quasi totalità della storia mondiale è stata monopolizzata dagli europei, è questo ciò che studiamo, è qui ciò che abbiamo a esempio e quel che disprezziamo. Oggi  i pensatori europei si dividono in due correnti, gli ottimisti e i catastrofisti. I primi confidano che la crisi economica che attanaglia il Vecchio Continente si risolverà in un miglioramento della condizione europea, in una maggiore cessione di sovranità da parte dei singoli stati verso l’Unione. D’altronde è stato Jean Monnet, uno dei fondatori  dell’Unione, a sostenere che l’Europa nasce e si rafforza nelle crisi. Potremmo accontentarci di questa visione speranzosa, ma la comprensione della realtà sarebbe incompleta. Dobbiamo considerare, avere paura ed imporci di evitare a tutti i costi la visione dei catastrofisti. Ne va del nostro futuro più personale. E questa interpretazione catastrofista è anche una lezione per coloro che si accontentano delle conquiste ancora parziali in questo percorso già durato cinquant’anni. Le notizie più importanti spesso passano in secondo piano, una di queste è la visita di Dilma Roussef in Portogallo. La leader brasiliana, neoeletta, durante un suo recente viaggio in terra lusitana, ha avuto modo di toccare con mano la crisi occidentale. Ha compreso il malessere dei  cugini portoghesi, unici bravi scolari di un’Europa che esige tutto e non concede nulla. La risposta del Presidente brasiliano è stata ovvia dal suo punto di vista, semplice e fattibile. Dal nostro è stata agghiacciante, apocalittica appunto. Roussef ha proposto al Portogallo di unirsi a loro, il Brasile li accoglierebbe tranquillamente come ventisettesimo  stato, e per i portoghesi finalmente i problemi sarebbero finiti. Non è difficile pensare che Lisbona ci metterebbe davvero poco a uscire dall’Unione, avrebbe solo da guadagnarne. Lasciare una federazione mai nata e in declino, per una crescente politicamente ed economicamente. 

L’Europa di Bruxelles è stata inerme anche qui , passiva esecutrice delle volontà degli Stati nazionali. Ci saremmo aspettati una levata di scudi da parte di Barroso e dei suoi colleghi, un pizzico di orgoglio comunitario. Una difesa dell’Unione così com’è, con ogni singolo stato indispensabile per la sua esistenza.  Ciò non è avvenuto. Quello di Dilma Roussef era solo un pensiero ipotetico, che per il momento non trova riscontri nella realtà. Ma bisogna fare attenzione ai sintomi di malessere che attraversano il Vecchio Continente, dove qualcuno ( la Germania ) decide il destino degli altri nascondendosi dietro il ruolo di stato comunitario, mostrandosi vittima di un’Unione che perlopiù è stata la sua fortuna. La sorte “brasiliana “ del Portogallo potrebbe toccare ad altri Stati in vesti diverse. La Gran Bretagna si staccherebbe definitivamente da un’Unione che ha sempre avversato, in effetti non capiamo perché ci sia entrata. La Spagna ha la sua America Latina, dalla quale non si è mai separata del tutto, i legami sono ancora fortissimi dai tempi di Cortès. Possiamo pensare la tragica fine dei Paesi dell’Est , Polonia e confinanti, di nuovo sotto il caloroso abbraccio di Putin. Infine potremmo pensare al paradosso tragicomico di Italia e Francia. I cugini “ di Alpi “ tornerebbero a litigare su tutto, dalla cucina alla Gioconda, passando per la Libia.  Fatichiamo ad imparare le lezioni della storia, pensando che tutto ci sia dovuto, e che vada bene così com’è. Ognuno di noi può fare qualcosa, ognuno di noi può ricordarsi di essere Europeo. Altrimenti la fine è già scritta, e non ci sarà differenza tra studiare l’Europa di oggi, e quella della Guerra dei Trent’anni. 


Luca Orfanò
 

Benvenuti nel e-commerce dove si compra tutto a metà prezzo!

Così dovrebbero titolare metà dei siti di shopping online,perché in questi si possono trovare davvero offerte eccezionali e sconti imperdibili che stanno cambiando le regole del mercato. Offerte che possono riguardare cure di bellezza,weekend fuori porta,vestiti,ma anche medicinali,insomma un vero è proprio business alternativo.

Questo fenomeno è chiamato “Social buying”, “Flash deal” o “Couponing”. A fare da apripista è stato Groupon, seguito a ruota poi da altri marchi(vedi Groupalia ,Poinx ,Prezzo felice etc…) e questi ultimi sono in continuo aumento,data la portata di guadagni che stanno conseguendo i gruppi sopracitati. Parliamo di guadagni quindi,dove vi sono questi c’è per forza qualcuno che spende,nel nostro caso gli italiani che secondo il presidente di Netcomm, Roberto Liscia, sono grandi consumatori con una forte inclinazione a comprare e un forte istinto sociale. Forse è anche per questo che l’esercito dei clienti online sta crescendo o semplicemente perché stiamo parlando di un ceto medio che vuole mantenere le sue abitudini e il suo tenore di vita riducendo però i costi. Perché parliamoci chiaro, la crisi c’è e si fa sentire.  In ogni caso il meccanismo è semplice: i siti guadagnano per le commissioni dal 20 al 70 percento e si occupano delle consegne, le aziende che aderiscono con quello che riescono a vendere. Per alcuni è uno strumento di marketing ,per altri un modo per farsi conoscere o per coprire le spese. Ma tornando ai siti, essi svolgono il ruolo di mediatori tra l’acquirente e il venditore con tutti i rischi e i problemi del caso,perché non sempre fila tutto liscio. Sotto le feste ad esempio vi sono difficoltà di spedizione per l’ingente quantità di richieste,dice l’ad di Groupon Boris Hageney, oppure insieme alle impennate di vendita vi sono anche quelle di reclami o di rimborsi. Come detto quindi grandi guadagni,ma anche qualche lamentela,della serie nulla perfetto.
Da notare però,che il grosso di queste proteste non arriva dai consumatori,ma dagli ordini professionali,che hanno visto invadere il loro campo da questa nuova modalità d offerte. Ne sono un esempio le visite dentistiche a prezzi stracciati che hanno fatto scendere in campo anche l’ordine dei medici di Bologna che mediante le parole del loro presidente,Giancarlo Pizza, hanno espresso il loro dissenso: “ I medici non possono essere associati a immagini commerciali che gli sono estranee. Dice cose false e vergognose chi sostiene che la nostra protesta nasce dal fatto che non vogliamo abbassare le tariffe[…]” . Non si è fatta attendere la risposta di Groupon,che sta investendo nel settore della sanità, : “ Noi non giochiamo con la salute,semplicemente non vogliamo difendere dei privilegi, i medici si devono adeguare alla realtà di internet”.

Per concludere quindi,i prezzi stracciati non stravolgono solo le classiche leggi del mercato,ma cambiano anche il comportamento dei clienti,rendendoli più fragili,in quanto non ponderano più su un prodotto in toto studiando le sue varie caratteristiche e magari confrontandolo con altri suoi simili ,ma si basano solo più sul suo livello di sconto e si fanno quindi dominare  dall’emozione del momento. Il rischio è creare un mercato complesso senza punti di riferimento dove è difficile districarsi,tra sconti sconti e offerte,ma se alla fine nessuno vuole(e in alcuni casi può)  comprare a tariffa piena questa è la via. 

Marco Fatiga
 
Sesso debole?
“La condizione dell' uomo é una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro”

                                                                                                                       T.Hobbes

In molti dibattiti accademici ci si è chiesti se le cose sarebbero andate diversamente se al posto della banca di investimenti Lehman Brothers, fallita così clamorosamente, ci fossero state le “sorelle” Lehman. Avere più donne in posizioni di leadership nel campo della finanza porterebbe certamente ad una economia più gentile, dolce e ordinata??

Per trovare una risposta a questa domanda bisogna tener conto di un cruciale punto critico mirato ad un’ottica di genere la quale esamina una serie di comportamenti che sono ritenuti accettabili, se non addirittura inevitabili, nei regni degli affari e della finanza. Il commercio è spesso immaginato come una sfera di attività essenzialmente maschile. Non solo sono gli uomini ad esser visti come gli attori naturalmente adatti a questo genere di attività, ma ne sono un modello anche i comportamenti, le motivazioni e le competenze attese poiché si presume che gli individui del settore finanziario debbano essere aggressivi, pronti ad assumere i rischi, competitivi, efficaci ed egoisti. A Wall Street il successo di strumenti complicati, come i derivati finanziari e il trading computerizzato ha valorizzato anche il nerd/secchione “fissato con la matematica”, che ancora una volta è un archetipo maschile. L’ortodossia accademica in economia rafforza queste immagini promulgando una rappresentazione dei mercati come delle macchine che si auto-regolano la cui fonte di energia è l’egoismo razionale dell’”uomo economico”.

Nella dimensione iper-maschile del mercato, le relazioni sociali e le responsabilità etiche non hanno spazio. Si noti come l’alternativa al modello maschile, competitivo e aggressivo, è l’archetipo materno e protettivo di quello femminile. Quando si accudiscono familiari o si lavora in settori come quello della cura, si presume che le persone manifestino una serie di comportamenti, motivazioni e competenze molto diversi da quelli adottati in finanza. Si dà per scontato che in questi ambiti si sia protettivi, cooperativi, emozionali e altruisti, per emanare calore empatico. Questi comportamenti, essendo così diversi da quelli dell’”uomo economico” sono spesso indicati come “non economici” o se non seguiti dai dettami del proprio interesse, come “irrazionali”. Questa ipotizzata separazione dell’economia dal sociale ed dall’etica ha un costo molto elevato per la società, ma soprattutto contribuisce ad evidenziare le differenze tra uomini e donne in campo finanziario.


In realtà, mercati efficienti richiedono una grande regolazione sociale. Questo avviene tramite una dose di norme etiche e culturali, la formazione di standard e codici di settore, nonché attraverso una chiara azione governativa. Se una certa quantità di egoismo e assunzione del rischio hanno un ruolo legittimo nel funzionamento dei mercati, sono altrettanto necessari un clima di fiducia e una dose appropriata di cautela e protezione. La crisi finanziaria ci ha mostrato gli effetti distruttivi prodotti dagli eccessi di avidità, opportunismo, e da una mentalità in cui chi vince prende tutto.

L’aspetto di genere della crisi finanziaria, poi non si tratta di uomini contro donne poiché ci sono uomini che sono attenti, protettivi ed etici, così come esistono donne che sono amanti del rischio, guidate dai propri interessi e opportuniste come qualsiasi uomo. Il vero problema è che quando noi concepiamo Wall Street come il regno del maschile e del testosterone, non solo ci lasciamo sfuggire tutte le donne di talento, ma tendiamo a non vedere il valore nonchè la necessità, di ciascun aspetto della vita generalmente apostrofato come femminile o materno. Diventa troppo facile denigrare la prudenza o i problemi etici come qualcosa di effemminato e debole.

L’idea che le donne “porterebbero qualcosa di diverso” alla finanza è pericolosa, sia perché ingigantisce le differenze tra i sessi, sia perché permette agli uomini e ai mercati di tirarsi fuori moralmente e socialmente dalle responsabilità e dalle conseguenze di azioni negligenti e irresponsabili. Gli sforzi per ottenere più donne in posizioni di leadership finanziarie possono essere visti come lotta alla discriminazione. Tuttavia soltanto se valori come la cautela e la preoccupazione per gli altri, spesso associati come dimensioni puramente femminili, saranno incoraggiati a livello settoriale anche per gli uomini, e allo stesso tempo i comportamenti azzardati e non etici verranno criticati, allora i meccanismi che regolano l’industria finanziaria potranno subire un significativo cambiamento.

"Laddove tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa un gran che"                                                                                          W. Lippmann

Salvatore Vicedomini
 
Brucia !
"Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose."

Aba, Tibet: i monaci si immolano dandosi fuoco. Perché? Per la libertà.

Bologna, Italia: un imprenditore cinquantottenne si dà fuoco. Perché? Perché è schiacciato dalle tasse.

La pressione fiscale in Italia è del 50% circa. Vuol dire che il livello di tassazione medio nel nostro paese è la metà del nostro PIL.

Di certo le tasse bisogna pagarle, altrimenti come facciamo a viaggiare sui treni e sugli autobus? Ci costerebbero troppo. Come facciamo a studiare? Le scuole avrebbero i prezzi di quelle americane (USA) e non tutti potrebbero permettersele. La sanità? Anche in questo caso avremmo bisogno di un'assicurazione per farci riattaccare un dito nel caso in cui ce lo tagliassimo, oppure dovremmo spendere più di 60.000 $.
Quindi le imposte sono importanti, permettono di ridistribuire i redditi, di dare a chi è povero parte di quello che ha il ricco.

C'è chi non è a favore di questa politica, c'è chi dice che se ti fai i soldi questi sono "tuoi". Anche in questo caso non si può dar torto a chi la pensa così.
Sono decenni che si discute su tali modelli di pensiero, ma comunque bisogna tenere a mente che in Italia si viaggia secondo un modello di tassazione che rappresenta il 50% del PIL. Lo so, l'ho già detto.

Cosa può spingere un imprenditore a darsi fuoco come è successo a Bologna il 28 marzo 2012?
Io provo ad immedesimarmi in lui, magari non proprio in quell'uomo specifico, ma in un qualunque piccolo imprenditore che ad un certo punto non ce la fa più perché sommerso dai debiti, generalmente fiscali.

Ti alzi al mattino presto, ti lavi e ti vesti, fai colazione, vai in cantiere/ufficio/negozio, squilla il telefono: - Buongiorno è la banca, senta... non è arrivato il bonifico, cosa facciamo? Ha uno scoperto di 10mila euro, gli interessi sono del 7% sul fido, come ben sa. Veda un po' lei!-.

Periodo di crisi, quindi non è che gli affari vadano benissimo, non riesci nemmeno a tirarti fuori lo stipendio. Allora pensi, magari mentre pranzi, che sarebbe meglio chiudere l'attività.

Poi cambi idea perché non puoi pagare i debiti se non fai più girare denaro, poi a 58 anni dove vai a cercare lavoro?

Quando torni a casa prendi la posta: Equitalia... multe che derivano da tasse non pagate. Interessi al limite dell'usura.

Quali sono le prospettive per il tuo futuro? Come fai a dar da mangiare ai tuoi figli se prima devi pagare i debiti? Come diamine sei arrivato in questa situazione? Ti hanno sempre fatto credere che gli imprenditori vivono bene, che hanno la bella macchina, che se ne fregano dei dipendenti e quindi sono tartassati dai sindacati. Ti hanno sempre fatto capire che se diventi imprenditore sei un farabutto e i tuoi dipendenti stanno peggio di te.

Perché non è così?

Ci ricordiamo sempre dei datori di lavoro che maltrattano i propri dipendenti, ma non ci accorgiamo che ci sono imprenditori, o ex imprenditori, che non riescono a dormire la notte perché si sentono in colpa per non aver pagato i debiti, che chiedono di rateizzare tasse che non riusciranno mai a pagare, che non riescono a chiudere l'attività perché tale azione avrebbe un costo troppo elevato e non potrebbero permetterselo.

Ci sono imprenditori che si danno fuoco davanti a un ufficio delle entrate per una pressione fiscale tale da non fargli capire più il senso della vita.

Luca Esatto

 

Il Casalese

 
C'è  l’Italia dei professori che lavorano, dei politici che guardano e armeggiano, degli operai che arrancano, della gente comune che vive una vita normale. Poi esiste un’altra Italia, una moneta a due facce. Una pulita e l’altra sporca. Una forte, protetta, l’altra povera e maltrattata, ma che resiste. La prima mafiosa, l’altra no. Sono le due Italie che meglio conosciamo e che maggiormente ignoriamo, quelle che saltano agli occhi di chi ci guarda dall’esterno, un divario che ci indigna ma che mai ci scompone. Di storie sull’Italia pulita, e l’italietta mafiosa, ce ne sarebbero tante da raccontare, se ne potrebbe fare un’enciclopedia. L’ultima parte da Caserta, la terra dei casalesi, dei camorristi, ma anche della gente perbene, onesta, anticamorrista, che non fa notizia. Nove giornalisti precari, hanno fatto il loro mestiere, hanno scritto un libro. Questo in teoria sarebbe l’avvenimento. Ma in Italia va letto così: nove giornalisti precari, hanno scritto un libro su un politico affiliato ( alleato ) con la camorra. 

Hanno composto una narrazione delle vicende giudiziarie di questo politico, e per questo motivo la famiglia del protagonista li ha querelati chiedendo alla casa editrice che l’ha pubblicato un risarcimento di più di un milione di euro. Inoltre l’auspicio della famiglia camorrista del camorrista è stato che tutte le copie del libro vengano bruciate, fatte a pezzi. Il camorrista,  deputato del PDL, su cui pendono due mandati di cattura per ( indovinate un po’) camorra, si chiama Nicola Cosentino. E il Parlamento ( sovrano ) l’ha graziato due volte, infatti siede ancora a Montecitorio. Il deputato, detto Nico o’mericano, non dai colleghi parlamentari, ma da quelli camorristi ( so che sono difficili da distinguere gli uni dagli altri ma le differenze ci sono ), riposava quindi tranquillo. A turbare la sua serenità sono stati questi nove giornalisti, i quali hanno scritto il libro “ Il Casalese “, pubblicato dalla casa editrice Centoautori. Gli autori hanno avuto un’idea geniale, con il loro lavoro tutti possono conoscere con chiarezza chi è e che cosa rappresenta Nicola Cosentino. 
Questo libro è una Gomorra in miniatura, riguardante un uomo del sistema, e non il sistema nella sua interezza. Ma questo libro rischia di non uscire. Sì, in un paese dell’Unione Europea, nel 2012, dove la libertà di espressione si dava per acquisita, il libro “Il Casalese” potrebbe non finire nelle librerie. Ciò a causa di pressioni, e azioni legali, che la potente famiglia casertana dei Cosentino, esercita e continuerà ad esercitare, sempre per vie legali si spera, finchè non otterrà la distruzione del libro, e di tutte le informazioni che contiene. Non faccio certo un appello a comprarlo, anche se tutti noi dovremmo esserne interessati. Quello che è importante è che se ne parli, tutti devono sapere cos’è “ Il Casalese”, di cosa tratta. Con ogni mezzo, soprattutto attraverso quei social network che tanto utilizziamo e di cui poco forse abbiamo compreso la reale utilità. Questo libro va pubblicizzato, perché bisogna impedire che venga innalzato un muro di silenzio, di omertà. Questo è un blog che tratta principalmente argomenti economici, come avrete certamente notato. Ma non c’è niente di più correlato all’economia della camorra, al contrario di quanto si possa pensare. L’organizzazione mafiosa campana insieme alla ‘ndrangheta e a cosa nostra fa un fatturato maggiore della più grande azienda italiana. Sappiamo che i limiti del nostro Paese vengono principalmente da lì, ma non ci rendiamo conto che finchè nessun governo agirà in quei grigi antri dell’illegalità conclamata, quasi vantata, noi non saremo mai un Paese migliore. Qualcosa nel nostro piccolo possiamo farlo, pubblicizzare questo libro. Dobbiamo farlo se crediamo in questa nostra disgraziata Italia. Se il giudice, a cui spetta la decisione se dare seguito alle denunce della famiglia Cosentino o lasciare che il libro venga venduto, agirà a favore della libertà d’informazione, avremo fatto un passo avanti. Diversamente questo Paese andrà in default morale, e lo spread della legalità fra i paesi civili e quello dei balocchi sarà all’infinito. 



Luca Orfanò
 

Bye Bye Europa League

“Nel 2014 la finale di Europa League si disputerà allo Juventus stadium di Torino” questo era stato l’annuncio della UEFA solo poche settimane fa. Decisione che aveva reso felici molti tifosi juventini e non. Sembrava un segnale di incoraggiamento da parte dell’organizzazione calcistica europea nei confronti del campionato italiano,ormai in crisi da tempo. Tuttavia più che una nota al merito per la Juventus appare come un premio di consolazione per l’Italia,pare infatti che a partire dal 2016 questo tipo di competizione calcistica sparirà per far posto ad una nuova,più moderna e più sofisticata Champions League. Ancora non c’è nulla di sicuro,però a
sentire le indiscrezioni di Boniek a 90° minuto, sembra proprio che le acque si stiano muovendo e forse non è un male. Non è un mistero che l’ex coppa UEFA ora nota con il nome di Europa League sia snobbata da molte squadre italiane e non solo,basti pensare ai due Manchester usciti malamente dalla competizione. La
spiegazione di questi comportamenti sta nella differenza di ricavi prodotti dalle due competizioni. Ricavi che non riguardano solo i risultati conseguiti sul campo, ma sono dovuti soprattutto all’immagine e all’appeal televisivo che la Champions può comportare. Per questo sia Uefa che Leghe Europee hanno avvertito la
necessità di ridefinire lo scenario delle competizioni e le modalità di accesso ai tornei continentali i quali, tuttavia, rimarranno invariati sino alla stagione 2015/2016 per onorare contratti televisivi e di sponsorizzazione che saranno in vigore proprio fino a quella data. Comunque tornando alla Champions
vediamo una piccola analisi di questo progetto(secondo le indiscrezioni):

-         Vi accederanno 80 squadre che dopo i turni preliminari scenderanno a 64;

-         Per i campionati più importanti(Italia,Inghilterra,Spagna,Germania) vi accederanno le prime 4 direttamente, poi la quinta e la sesta dopo aver passato i turni preliminari;

 -         Ci saranno 16 gironi da 4 squadre,di cui solo le prime due passeranno il turno;

-        Dopo le fasi a gironi si passerà ai trentaduesimi di finale;

Questo è il progetto più accreditato, poiché sembra la via più semplice,ma non è il solo vi sono altri due progetti in cantiere secondo il giornalista della gazzetta dello sport Fabio Licari :

2) Champions A/B – Più complicato. Doppia Champions: una di serie A, che assegna la coppa; una di B, in un necessario sistema di promozioni/retrocessioni (con sistema di playout). Alla A si iscriverebbero i club delle prime 10 del ranking: 4 per le grandi, 3 per le medie (Francia), 2 oppure 1 per le piccole (Russia). Diciamo 25/26 sicure più 6/7 dai playoff. Il problema: chi, per ranking, è dopo il decimo posto dovrebbe aspettare due anni per essere promosso e poi vincere. L’Uefa farà resistenza.

3) Superlega – Infine, il metodo più traumatico: fuori dal sistema. Come l’Eurolega di basket ha fatto con la Fiba. I grandi creano un mega torneo di 48 squadre (qualcuno in Spagna pensa a 24) dove accedono per diritto: 1) club di grandi paesi; 2) campioni di Champions; 3) chi ha i migliori risultati; 4) più alcuni club dai campionati. Con un periodo minimo di permanenza (come nel basket), ma con uscita in caso di risultati negativi. Non facile anche perché, rispetto agli anni 90, non c’è un Media Partners che mette sul piatto i miliardi necessari.

Il conto alla rovescia per la nuova Champions è partito bisogna solo capire in quale forma e soprattutto capire,per i vecchi affezionati,che il calcio è diventato uno spettacolo,non più un semplice sport a tutti gli effetti e come tale va trattato.

Marco Fatiga

 

Vaticano SPA

Il denaro non è niente, tutti noi vediamo che i soldi scompaiono. Questo non deve sorprenderci perché anche lo strumento più potente al mondo, come il denaro, è una semplice illusione.”

Questa l’affermazione pronunciata dal nostro Papa Benedetto XVI meglio conosciuto come Papa Ratzinger; Ora la cosa, detta da uno che vive nel lusso più sfrenato e si è distinto notoriamente anche per la scelta degli abiti nonchè per le pantofole firmate Prada, suona molto ipocrita; ma se andiamo a vedere molto rapidamente come funzionano le finanze del Vaticano risaltano numeri è fatti molto interessanti: Lo IOR (Istituto Opere di Religione) è la banca centrale del Vaticano ed è allo stesso tempo riconosciuto come un istituto di credito ordinario. E’ stato creato nel 1941 da Pio XII con la funzione di amministrare i capitali degli ordini religiosi nonché degli stessi istituti religiosi maschili e femminili, delle diocesi, delle parrocchie e degli organismi vaticani di tutto il mondo. La Chiesa cattolica è l’unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, ovvero una religione che si paragona facilmente sempre di più ad un impresa alla ricerca del miglior investimento con il più alto rendimento, il tutto ovviamente nella più totale segretezza agli occhi degli organi di controllo, quindi senza sborsare un euro di tasse! infatti è una banca molto particolare, non ha sportelli ma in compenso ha molti clienti. Lo IOR continua ad essere molto ambito per chi possiede ingenti capitali che vuol far passare “inosservati”; l’associazione di azioni criminali collegate direttamente ad uno strumento di divulgazione della religione cattolica, quale è la chiesa e quindi il Vaticano, mi lascia un senso di amarezza non indifferente, che mi porta ad affermare che tutto ciò è semplicemente una vergogna!

I bilanci dello IOR sono noti solo al Papa e a tre cardinali e riguardano un patrimonio di oltre 7 miliardi di euro; gli interessi pagati ai depositanti si aggirano attorno al 12%. Essendo al centro di una organizzazione mondiale di banche controllate dal Vaticano, è molto semplice attraverso lo IOR, qualsiasi trasferimento di denaro senza limiti né di quantità né di distanza, è soprattutto con garanzia di assoluta riservatezza. Per molto tempo a capo dell’Istituto è stato Paul Marcinkus, cardinale coinvolto in numerosi scandali, come il crack nel 1982 del Banco Ambrosiano, del quale lo IOR era il maggiore azionista

A suo tempo a capo dell’istituto di credito del vaticano, c’era proprio Monsignor Paul Marcinkus, soprannominato “il banchiere di Dio”, il quale fu incriminato di aver causato fallimento della banca italiana; va inoltre ricordato che il Banco Ambrosiano fu accusato di riciclaggio di denaro proveniente dalla mafia, il quale fa pensare a legami diretti tra organizzazioni mafiose e vaticano; Marcinkus non fu mai processato in Italia poiché risultava impiegato del Vaticano e quindi immune ai procedimenti penali. La Banca Vaticana non ha mai ammesso le responsabilità per il fallimento del Banco Ambrosiano, per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti, Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l'avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall'America al portone di casa… Insabbiamento?!

Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "stato più ricco del mondo", come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell'unica inchiesta di un'autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni. Attualmente il Presidente è un laico, Angelo Caloia, il quale ha ammesso che la banca vaticana offre ai correntisti rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza.

L’Istituto vaticano, con i suoi 7 miliardi di euro in deposito, è un vero paradiso fiscale più riservato delle banche svizzere e più impermeabile ai controlli delle isole Cayman. Non esistono libretti di assegni, tutti i depositi e i passaggi di denaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d’oro.. senza traccia ne nome!

“La finanza è l’arte di far passare i soldi di mano in mano, finché non spariscono”.                                                                                                      Robert W. Sarnoff

Salvatore Vicedomini